giovedì 10 maggio 2012

Disturbo da deficit dell'attenzione


Ci capita spesso di osservare bambini estremamente vivaci, che faticano a mantenere a lungo l’attenzione su uno stesso stimolo o sentono il bisogno di muoversi continuamente e si distraggono nel fare cose diverse dai compiti in cui si cerca di coinvolgerli. 

Nella maggior parte dei casi questi comportamenti rientrano nella normale esuberanza infantile, alle volte però possono assumere un ruolo più decisivo nello sviluppo del bambino, compromettendone l’apprendimento, i rapporti interpersonali e familiari , interferendo anche con la vita scolastica, la relazione con i coetanei e con le insegnanti. Quando è presente un disagio in tutte queste aree di funzionamento del bambino, si parla di “Disturbo da deficit d’attenzione”, più comunemente indicato con il termine “Iperattività”. 


Il DSM IV (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) definisce il Disturbo da deficit d’attenzione/iperattività (ADHD), come una condizione in cui è presente una persistente disattenzione e/o iperattività/impulsività. 


Nonostante la diagnosi venga spesso fatta in età scolare, alle volte è possibile identificare il disturbo anche prima. Durante l’infanzia, i bambini iperattivi sono sempre in movimento, saltellano avanti e indietro, si arrampicano sui mobili, corrono per la casa ed hanno difficoltà a concentrarsi in attività di gruppo sedentarie. Quando invece il disturbo si protrae nell’adolescenza, e nell’età adulta, essi avvertono sensazioni di insofferenza e difficoltà a cimentarsi in occupazioni tranquille e statiche.


In famiglia il bambino iperattivo viene percepito come "un terremoto"!
Viene descritto come irrequieto e poco interessato alle attività in corso. Questi bambini fanno molta fatica a concentrarsi e tendono ad agire senza pensare. Spesso perdono o rompono i loro giocattoli, hanno bisogno di continua attenzione da parte dei genitori, si trovano implicati in frequenti liti con i fratelli, dimenticano facilmente le regole del gioco o di buon comportamento. Proprio per questo, molte volte si sentono frustrati quando sperimentano l’incapacità di partecipare con successo ad un gioco oppure di eseguire in modo corretto un compito. D’altra parte si oppongono con vigore ai cambiamenti delle abitudini e delle certezze della vita quotidiana. Infine hanno una modalità disorganizzata di rapportarsi a bisogni quali l’ alimentazione e il sonno.

A scuola, le insegnanti li considerano alunni difficili da gestire ed educare, bambini che faticano a prestare attenzione ai particolari e che fanno molti errori dovuti alla disattenzione; alle volte sembra che la loro mente sia altrove e che non siano in grado di ascoltare quello che si dice. Raramente riescono a portare a termine un compito, tanto più se lungo ed impegnativo, poiché lo avvertono come spiacevole e faticoso. 
Quando è presente iperattività, questi bambini sembrano spesso sotto pressione o “motorizzati”, difficilmente riescono a passare molto tempo seduti e sentono un forte e continuo bisogno di muoversi, senza un motivo specifico. Spesso perdono o rompono il materiale scolastico, i loro quaderni sono disordinati e sgualciti. In classe sono quasi sempre fuori posto. 

Dal gruppo dei coetanei, spesso viene visto come il buffone di classe o come un bambino litigioso. I compagni di scuola possono rispondere con atteggiamenti differenti che vanno dalla paura, all’opposizione, fino al venirne trascinati. A volte il bambino iperattivo è deriso, altre evitato e, nonostante egli continui a relazionarsi agli altri attraverso il suo comportamento clownesco che, apparentemente, sembra rivelare disinteresse di fronte al rifiuto mostrato dagli altri, tuttavia egli può provare una profonda tristezza e, a volte, esprimere disappunto. 


Il nostro mondo ai loro occhi 


Se provassimo ad immedesimarci nella personalità di questi bambini, dovremmo immaginare un mondo fatto di milioni di stimoli ugualmente interessanti che ci bombardano tutti nello stesso momento e a cui vogliamo essere contemporaneamente recettivi.
Il tutto avverrebbe in modo molto veloce e noi proveremmo ansia per non riuscire a focalizzare la nostra attenzione su ogni singolo stimolo.



Diagnosi del Disturbo da deficit d’attenzione/iperattività (ADHD)?

Secondo il DSM VI (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) , è possibile rintracciare delle caratteristiche proprie del disturbo.

Per quanto riguarda il versante disattenzione
Il bambino non riesce a prestare attenzione ai particolari, ha difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti o sulle attività di gioco, non sembra ascoltare quando gli si parla, non segue le istruzioni e non porta a termine il lavoro assegnato, stenta ad organizzarsi, spesso perde gli strumenti necessari per le attività che deve svolgere, è facilmente distratto e sbadato.

Per quanto riguarda il versante iperatttività
Egli si alza spesso, scorrazza e salta dovunque, ha difficoltà a giocare in modo tranquillo, parla troppo e sembra sotto pressione, ha un costante bisogno di muoversi.

Per quanto riguarda il versante impulsività
Egli fornisce le risposte prima delle domande, non attende il proprio turno, interrompe gli altri o è invadente nei loro confronti.

È importante sottolineare che, la diagnosi di un Disturbo da deficit d’attenzione/iperattività, avviene quando sono presenti condizioni specifiche, in assenza delle quali, non ci sono elementi sufficienti per poter fare una diagnosi di questo tipo: i sintomi sono presenti per almeno sei mesi e, alcuni tra questi, compaiono prima dei sette anni e comunque si palesano in almeno due contesti (ad esempio a casa ed a scuola). 


Prevalenza: alcuni dati

Circa 4 bambini su 100 presentano tali difficoltà. Questa condizione è più diffusa tra i maschi che tra le femmine (3:1 nella popolazione generale e 9:1 nella popolazione clinica). Il disturbo nelle bambine è mediamente diagnosticato in un’età superiore. Alcuni di essi sono particolarmente a rischio nello sviluppare problemi di comportamento e disadattamento sociale durante l’ adolescenza, incorrendo nel pericolo di fare abuso di alcool o stupefacenti, di manifestare instabilità emotiva ed affettiva, di assumere condotte di vita poco fruttuose e gratificanti.


Disturbi associati al Disturbo da deficit d’attenzione/iperattività


Esistono poi altri disturbi che possono presentarsi in concomitanza con il Disturbo d’Attenzione/Iperattività. Quelle più frequentemente associate sono il disturbo oppositivo-provocatorio e i disturbi della condotta, i disturbi specifici dell'apprendimento (dislessia, disgrafia, ecc.), i disturbi d'ansia e, con minore frequenza, la depressione, il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo da tic e il disturbo bipolare.



Come si evolve il Disturbo da deficit d’attenzione/iperattività


Malgrado nella terminologia clinica venga usato il termine “disturbo”, va precisato che buona parte di questi bambini, se aiutata tempestivamente con interventi educativi e terapeutici, riesce ad avere una vita scolastica, sociale e familiare adeguata.
La sua storia naturale è caratterizzata da persistenza del problema fino all’ adolescenza in circa due terzi dei casi, fino all’età adulta in circa un terzo o la metà dei casi.
D’altra parte è anche possibile che, nella peggiore delle ipotesi, se non trattato con la dovuta attenzione, col sopraggiungere dell’adolescenza e dell’età adulta, l’ADHD si associ a disturbi dell’adattamento sociale (personalità antisociale, alcoolismo, criminalità), basso livello accademico ed occupazionale, problemi psichiatrici e cattivo adattamento psicosociale. 


La terapia del Disturbo da deficit d’attenzione/iperattività

In questi casi una psicoterapia familiare può rivelarsi estremamente utile. L’obbiettivo di tale approccio è quello di utilizzare i genitori e la famiglia come risorse terapeutiche in quanto rappresentano le persone che, più di ogni altra, conoscono il bambino, risentono delle difficoltà personali e familiari dovute al problema e sono maggiormente predisposte e competenti nell’ aiutare un componente della propria famiglia.

L’approccio alla terapia parte da due presupposti fondamentali:

1) Innanzi tutto è necessario comprendere che questi bambini non hanno nessuna colpa, il loro comportamento non rispecchia alcun tipo di oppositività “congenita”, ma probabilmente solo secondaria a tutto l’insieme di rifiuti, delusioni, etichette che ricevono da un ambiente percepito come ostile, ambiente che in verità è solamente rassegnato e stanco di combattere con un bambino che sembra intrattabile.

2) Né tanto meno hanno colpa i loro genitori che invece vengono spesso additati come incapaci di svolgere bene il proprio ruolo di educatori. In realtà la causa dell’iperattività non è da cercare nel modo in cui i genitori hanno educato il figlio. Non è semplice infatti favorire quell'esperienza esistenziale positiva del bambino potrà evitare disturbi comportamentali secondari su base psico-emotiva causati da “insuccessi” e frustrazioni nel campo relazionale, sociale e scolastico.

In questo senso è utile che genitori ed insegnanti si avvalgano di una consulenza psicologica sistematica per concordare le strategie e i metodi educativi da applicare, tenendo comunque presente che, per poter conseguire risultati concreti, sono indispensabili costanza e sistematicità nell’uso di tali procedure.

La psicoterapia familiare si pone molteplici obiettivi. Tra i principali:

- Prevenire i sintomi secondari: poiché è possibile che coloro che presentano un ADHD manifestino nel tempo dei sintomi derivanti da una cattiva interazione tra le caratteristiche proprie del disturbo e l’ambiente scolastico, sociale e familiare.

Se l’ambiente non sviluppa la necessaria sensibilità al problema, potrebbe rischiare di rispondere in modo tale da rinforzare o di minimizzare comportamenti disadattivi. La costanza, l’impegno e il tempo unitamente a interventi terapeutici validi che agiscono su tutti gli aspetti del problema, permettono a questi bambini di spezzare il circolo vizioso di insuccesso e frustrazione e di aumentare considerevolmente abilità personali e autostima. I bambini devono essere incoraggiati a sviluppare il loro potenziale, mettendoli in grado di aumentare la loro efficacia.

- Migliorare la vita familiare: A causa di tutti i fattori correlati al disturbo anche la vita familiare può risultare compromessa. In terapia si cerca di ricostruire la serenità familiare e di individuare comportamenti e strategie utili al bambino e al genitore per favorire uno sviluppo buono e adattivo.

- Incrementare le abilità relazionali. Questi bambini faticano a trovare il giusto modo di relazionarsi nel gruppo di pari. Il fatto di non padroneggiare le regole e di sentirsi facilmente frustrati, li porta frequentemente a mettere il broncio o essere capricciosi. Appaiono poco flessibili ed adattabili e ricevono meno gratificazioni e apprezzamenti dai compagni e maggiori rifiuti.

- Potenziare l’autostima: i continui rifiuti e i fallimenti possono portare questi soggetti a perdere la fiducia in sé stessi. In terapia si lavora affinché i cattivi risultati a livello sociale, scolastico, familiare o sportivo non portino a sentimenti di inadeguatezza tanto importanti da diventare parte di sé e pregiudicare una buona autostima. Questo intervento può prevenire conseguenze negative come la depressione o l’ansia reattive.




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