giovedì 10 maggio 2012

Fobia scolastica



Capita frequentemente che, sia i bambini che gli adolescenti, possano incontrare delle difficoltà a rapportarsi con il mondo della scuola che, percepita come un luogo che genera ansia, viene evitata, vissuta come un peso in grado di generare, a volte, una vera e propria angoscia. Spesso i genitori sono disperati perché ogni loro tentativo, dal più morbido al più drastico, sembra essere inefficace di fronte all'ostinazione dei figli che, di contro, adducono le motivazioni più disparate per spiegare ai genitori che non vogliono andare a scuola: la paura di alcuni insegnanti, la conflittualità con alcuni compagni, la paura di essere presi in giro, il timore di non essere all'altezza di svolgere determinati compiti e in più la presenza di una specifica sintomatologia, ogni qualvolta ci si avvicini già solo all'edificio scolastico. 

FOBIA SCOLASTICA 

Sebbene la fobia scolastica non sia direttamente menzionata all’interno del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, capita spesso di confrontarsi con questo disagio. La fobia scolastica o rifiuto ansioso della scuola descrive quelle situazioni in cui il rifiuto di andare a scuola si accompagna a reazioni molto intense di ansia e panico che presentano un vasto ventaglio di sintomi.

Tale condizione riguarda l’1-5% dei ragazzi in età scolare senza differenze di genere, ed è più frequentemente riscontrata durante alcuni delicati cambiamenti evolutivi, quali l’inserimento nella scuola elementare (5-6 anni) e il passaggio alle scuole medie (10-11 anni). 


Sintomi della fobia scolastica 

I sintomi che si possono presentare al momento di andare a scuola sono agitazione, paura, pianto, fino al vero e proprio panico. Il soggetto può lamentare disturbi somatici come dolori addominali, vertigini, mal di testa, tremori, palpitazioni, dolori al torace, nausea, vomito, diarrea, dolori alle spalle e dolori agli arti. Quando l’angoscia è presente sin dalla sera precedente, si possono presentare disturbi del sonno, incubi e risvegli notturni a volte accompagnati da enuresi. 

Spesso il ragazzo supplica i genitori di tenerlo a casa, promettendo che andrà a scuola il giorno dopo. A volte tenta di imporsi con la forza e con comportamenti violenti. Altre volte sembra calmarsi con la costrizione, ma non appena potrà, cercherà di fuggire dalla scuola per tornare a casa oppure lamenterà dei disturbi di fronte alle insegnanti che telefoneranno ai genitori affinché vengano a riprendere il proprio figlio.


Tra i fattori che possono facilitare l'insorgere di una fobia scolastica vi sono: 

• eventi di vita stressanti (come la malattia propria o di un familiare, la separazione tra i genitori o dai genitori);
• relazioni conflittuali nella famiglia;
• un legame problematico con uno dei genitori;
• difficoltà con il gruppo dei pari o con un insegnante;
• il ritorno a scuola dopo una lunga interruzione o vacanza. 

Alcune ricerche, che testimoniano una maggior frequenza del disturbo in figli di genitori che hanno a loro volta incontrato questa problematica nella loro vita, fanno pensare che possa esistere una vulnerabilità ereditaria. 

Spesso la famiglia è molto coinvolta da questo problema e sperimenta tutte le strade possibili per spingere i figli ad andare a scuola. A volte intervengono anche nonni, zii, cugini e, in alcune realtà di paese, addirittura anche i vicini di casa, in una specie di processione mattutina in camera del ragazzo/a che, di conseguenza, tiene in scacco tutte quelle persone che si preoccupano per lui/lei. Quando la fobia scolastica persiste e sfocia in un'evasione scolastica, la scuola può segnalare il caso ai servizi sociali che si uniranno a tutta la folta schiera di persone, insieme anche ad insegnanti e dirigente scolastica, interessati al giovane e alla sua fobia scolastica 


IL DISTURBO DI ANSIA DA SEPARAZIONE 

La paura di andare a scuola può essere facilmente correlata ad un disturbo d’ansia di separazione che si riferisce all’ansia che può incontrare il bambino nell’allontanarsi dalla sua casa e dalla sua famiglia. 
Se è pur vero che esistono dei periodi sensibili in cui il bambino è considerevolmente preoccupato per la lontananza e la perdita di un genitore, tuttavia il livello di tale preoccupazione alle volte può crescere smisuratamente, perdurare nel tempo, fino a diventare una vera e propria angoscia difficile da gestire. 

Secondo il DSM IV (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), si può parlare di disturbo d’ansia di separazione, quando siamo di fronte ad un’ ansia inappropriata rispetto al livello di sviluppo e un’ansia eccessiva che riguarda la separazione da casa o da coloro a cui il soggetto è attaccato. 


Sintomi del disturbo d’ansia di separazione 

I sintomi più frequenti sono: malessere eccessivo ricorrente quando avviene la separazione da casa, persistente ed eccessiva preoccupazione riguardo alla perdita dei principali personaggi di attaccamento o riguardo al fatto che un evento spiacevole e imprevisto comporti una separazione da loro, riluttanza o rifiuto di andare a scuola o altrove, paura o riluttanza a stare solo o a dormire da solo, incubi sul tema della separazione, ripetute lamentele di sintomi fisici quando avviene o è solamente annunciata la separazione. 


LA FOBIA SOCIALE 

In altri casi la paura di andare a scuola nasconde una fobia sociale ovvero una paura marcata e persistente che riguarda le situazioni sociali o prestazionali che possono creare imbarazzo. 

La risposta allo stimolo sociale prevede un’ ansia eccessiva e irragionevole, che può dar luogo anche ad attacchi di panico. La paura del giudizio sembra essere all’origine del disagio. 

Tale fenomeno influisce significativamente sulla routine quotidiana inibendo alcune attività e spesso condizionando i ritmi del resto della famiglia. 

Le situazioni che espongono il ragazzo a contatti sociali, sembrano provocare una forte insicurezza che, a lungo andare, sfocia in isolamento sociale, disadattamento, evitamento delle persone e delle circostanze che implicano un contatto sociale. 


Sintomi della fobia sociale 

Tra i sintomi più frequenti: preoccupazione di rimanere imbarazzati, timore del giudizio degli altri e conseguente paura di apparire ansiosi, deboli, pazzi o stupidi, correlati fisiologici dell’ansia (come palpitazioni, sudorazione, malessere gastrointestinale, arrossamento del viso, tremori, diarrea e tensione muscolare, fino all’attacco di panico), timore di vomitare ed urgenza o timore di urinare. 

Nei bambini si presentano inoltre: pianto, scoppi d’ira ed irrigidimento, l’aggrapparsi o lo stare vicina ad una persona familiare, inibizione delle interazioni fino al mutismo. 

Tipicamente, l’esordio si ha nell’adolescenza, spesso esiste una storia infantile di inibizione e timidezza. 

Altri disturbi che possono associarsi al rifiuto scolastico sono l’ansia generalizzata, gli attacchi di panico, la fobia specifica, il disturbo post traumatico da stress, il disturbo della condotta, il disturbo da deficit di attenzione-iperattività, oltre ai disturbi dell’apprendimento. 


La terapia 

Il disturbo di fobia sociale, così come gli altri menzionati, può risultare invalidante fino a compromettere una frequenza scolastica continuativa (evasione scolastica). 

Le conseguenze riguardano diversi ambiti: lo sviluppo emotivo e sociale, le acquisizioni scolastiche, le difficoltà nei rapporti con la famiglia e con il gruppo dei pari. 
Tra le conseguenze a lungo termine vi è anche il rischio che tale atteggiamento possa in seguito riproporsi nella sfera lavorativa, minando ulteriormente la fiducia in se stessi, la propria autostima, rallentando il processo di crescita, inibendo l’autonomia e influenzando negativamente il processo di differenziazione ed emancipazione dalla famiglia. 

È consigliabile pertanto, chiedere aiuto ad un esperto prima che il disturbo acquisti un peso significativo. 

Quando si tratta di bambini o adolescenti, il percorso più indicato è la terapia familiare, in quanto il contesto affettivo in cui è inserito il ragazzo, riveste una grande importanza. 

Accade frequentemente che i numerosi tentativi fatti dai genitori o dai parenti per sbloccare questo meccanismo inibente, non abbiano sortito risultati significativi, nonostante la preoccupazione e l’impegno con cui la famiglia ha cercato di aiutare il ragazzo. 

La terapia familiare offre uno spazio in cui le premure delle persone coinvolte possono acquistare un nuovo significato, un nuovo valore che, oltre ad avere una funzione rassicurante, possono costituire un solido trampolino di lancio. 

Le esperienze e la storia di alcune famiglie, conferiscono molto valore alla funzione protettiva e rassicurante del nucleo familiare e, in alcuni casi, il bambino o ragazzo che manifesta il disagio sociale, può godere di attenzioni e premure a cui spesso è difficile rinunciare. 

In ogni caso, la famiglia risulta essere una risorsa importante per affrontare questo disturbo, in quanto, essendo un’alleata competente e motivata, è in grado di fornire una valida collaborazione in terapia.



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